Parco Adda Sud
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Il Parco Adda Sud visto dai bambini

Diverse sono le possibilità offerte ai più piccoli che, oltre a poter vivere il Parco attraverso ampi spazi verdi in cui giocare liberamente, possono usufruire di simpatici strumenti ludico-didattici prodotti direttamente dall’Ente Parco, come:

  • la raccolta di fiabe “Storie di animali nel Parco Adda Sud”
  • il gioco di memoria “Memomuseolo”
  • Le schede di "Educazione ambientale"

Le iniziative

  • Educazione ambientale
  • Conoscenza del territorio
  • Laboratori di creatività
  • Parchi giochi
  • Attività ricreative e culturali
  • 24 Hour London

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Ottobre stava per finire e i larici color della fiamma spiccavano tra il verde cupo degli abeti.
Un PETTIROSSO contemplava le meraviglie della montagna, quando all’improvviso un vento forte gli gonfiò le piume, il cielo divenne cupo, gelide gocce picchiettavano sui rami e presto si tramutarono in fitti fiocchi di neve.
Il PETTIROSSO spalancò gli occhietti neri e intirizzito si rifugiò in un vecchio nido abbandonato. Pensò: “È già arrivato l’inverno! Domani, se smetterà di nevicare, partirò”.
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All’alba si mise in volo, e il suo amico SCRICCIOLO gridò: “Ma dove vai? È troppo presto per partire”.
Era ormai lontano e lo SCRICCIOLO pensò: “Il mio amico è sempre stato un po’ strano”.
Il PETTIROSSO volò, volò, finalmente vide la sua amica quercia e si posò stanchissimo su un ramo. Stava per addormentarsi quando s’accorse che gli volavano attorno uccelli che non aveva mai visto.
Un bellissimo uccello stese elegantemente le ali, volò tra i cirri del cielo, sembrava una magnifica farfalla.
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Il suo cuore fu colpito e le piume del suo petto divennero ancora più rosse.
UPUPA si chiamava quell’uccello che ormai era partito. A dicembre arrivarono SCRICCIOLI, PETTIROSSI e CARDELLINI; si riposarono tra i cespugli, poi volarono posandosi sui rami della quercia.
Uno SCRICCIOLO curioso chiese alla vecchia CORNACCHIA: “Perché il PETTIROSSO che guarda il cielo ha il petto di fuoco?”
La CORNACCHIA gracchiò: “Non lo sai? È innamorato”.
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“Innamorato di chi?”
“Dell’UPUPA.”
“Io non l’ho mai vista qui.”
“Ma quest’anno ne ho viste di tutti i colori, da quando le stagioni non guardano più il calendario molti uccelli arrivano in anticipo, altri si dimenticano di partire. Ad esempio l’UPUPA che a settembre parte per l’Africa, siccome faceva ancora caldo, rimandò la par tenza”.
“Che nome strano UPUPA, è poi così bella?”
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“Quando ha le ali chiuse e la cresta di piume appiattita il suo becco sembra ancora più lungo e non è proprio niente di speciale, ma quando prende il volo, stende le ali, mette in mostra il suo sfolgorante disegno bianco e nero orlato d’arancione, sembra una grande e splendida farfalla”.
“Vedo però che il PETTIROSSO innamorato non è triste per la sua partenza.”
La CORNACCHIA sogghignò: “Credo la stia sognando. Quando guarda il cielo e vede i cirri, si mette a cinguettare: tik - ik - ik - siiip. Gli sembra di vedere ancora l’UPUPA dalle ali di farfalla.”
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Che afa! Sembrava ancora estate. Il FAGIANO era giunto accaldato presso la grande quercia. Era ancora spaventato perché, mentre godeva tranquillamente il fresco del bosco, uno sparo ravvicinato l’aveva fatto sobbalzare. Impaurito, era fuggito. Aveva corso tra cespugli ed erbe, evitando i luoghi aperti. Non era un grande volatore, ma non osò riposarsi con brevi voli, era troppo pericoloso.
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Un MERLO aggrappato a un rametto basso della quercia vide subito quel grosso uccello dal piumaggio vivace e con la lunga coda a strascico. Aveva uno sguardo smarrito, camminava guardingo, non sapeva cosa fare.
“Ehi tu, da dove vieni?” gridò il MERLO “Non ti ho mai visto da queste parti.”
Il FAGIANO aprì il becco e fece: “Cor kok! (Ho una grande sete)”.
“Hai sete? Tra poco avrai tant’acqua che sgocciolerai da tutte le parti.”
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“Perché?”
“Perché scoppierà un grande temporale.”
“Ma se c’è ancora il sole che mi brucia gli occhi?”
“Guarda lassù, verso i rami più alti: vedi gli uccelli con piume bluverde iridescente?”
“Li vedo.”
“Sono le GAZZE. Oggi sono molto agitate, continuano a saltare da un ramo all’altro, si chiamano gridando ciak ak ak ak. Osservale bene: vedi come svolazzano? Volano in picchiata verso il basso, poi raggiungono la cima più alta della quercia. Quando si dimenano così sta per venire un temporale.”
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“Ma come fanno a saperlo?”
“Purtroppo indovinano: dicono che siano molto intelligenti. Al loro sguardo non sfugge nulla e se la GAZZA scorge un buon boccone sulla terrazza della casa vicina, in un lampo lo afferra col becco robusto e poi via, vola sul primo albero mettendosi in posizione eretta in modo che un ramo la nasconda”.
Il MERLO volò vicino al FAGIANO e gli disse sottovoce: “Saccheggia anche i nidi di piccoli uccelli rubandone le uova. Te lo dico perché non voglio che mi senta sua cugina, la CORNACCHIA”.
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“Ma chi è?” chiese curioso il FAGIANO.
“Vedi quell’uccello grigio e nero posato sopra il grosso sasso? È peggio della GAZZA, perché divora uova e uccellini.”
Aveva appena detto questo quando un forte vento sconquassò i rami, nuvole nere contrastarono il sole, subito brillò una saetta e il rombo del tuono fece fuggire tutti gli uccelli.
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Una coppia di AIRONI CENERINI lascia il confortevole laghetto e si muove con molta circospezione, a passi lenti e misurati, verso la quercia grande. Ora questi uccelli dalle zampe lunghe sono immobili, guardano in alto e vedono molti nidi dei loro fratelli AIRONI, pronti per la loro covata.
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La CENERINA ritrae il lungo collo e, con la testa tra le spalle, dice con affanno: “Siamo arrivati troppo tardi! Te lo dicevo tutti i giorni che bisognava fare il nido quando la quercia non aveva ancora le foglie, ma tu non mi ascoltavi e andavi sempre a caccia.”
L’AIRONE CENERINO allungando il collo e puntando gli occhi verso i rami più alti, sa di trovare un posto adatto, una grande forcella dove intrecciare i rami e fare così un nido robusto. Ma le foglie non gli permettono di vedere bene.
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Uno STORNO si accorge della presenza di questi uccelli belli, eleganti e si incuriosisce; vola sul ramo più vicino e sente il lamento della CENERINA.
Subito dice cinguettando allegro: “C’è posto, eccome se c’è posto! Volando in alto, senza avvicinarmi troppo ai rami della quercia, ho visto una bella forcella. È pericoloso sfiorare le garzaie. I CENERINI sono uccelli molto tranquilli, dicono, ma se ti avvicini al loro nido fanno presto ad aprire minacciosamente il lungo e forte becco!”
“Grazie STORNO per la bella notizia!”
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Con sorprendente agilità gli AIRONI stendono le grandi ali e volano verso l’alto. Lo STORNO li vede calare indisturbati sulla cima dell’albero.
Ormai la garzaia è al completo. Lo STORNO fischia, cinguetta soddisfatto ma a un tratto si interrompe e grida: “Ma oggi devo andare dalla mia STORNELLINA a terminare il nostro nido nella cavità dell’albero. Insieme avevamo già intrecciato morbide radici, ora bastava imbottire il nido con muschio e lana”.
Sfreccia verso il nido, guarda nella cavità, ma la STORNELLINA sta già covando.
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Uno STORNO si dondolava su un rametto della grande quercia, quando vide il CUCULO che scrutava attentamente le foglie.
Lo STORNO lo riconobbe e strillò: “Vattene, uccello prepotente, egoista e parassita! Tu, che con astute manovre deponi il tuo uovo nel nido degli altri. Io so che il tuo piccolo nasce per primo, spinge fuori dal nido le altre uova e resta in breve l’unico occupante e i genitori adottivi lo nutrono fornendo abbondante cibo”.
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Il CUCULO gonfiando le sue belle piume grigio azzurre gli rispose sprezzante: “Ma tu non sai chi sono io, tutti conoscono il mio canto.”
“E tu chiami canto due semplici note, sol mi, e ripeti fino alla noia il tuo cuc-cuu. I veri cantori sono gli USIGNOLI, i FRINGUELLI che gorgheggiano con note alte e basse, lunghe e lente e con trilli di gioia. Non per vantarmi, io conosco tutte le note del pentagramma. Faccio certe stornellate!”
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Il CUCULO ancora più impettito rispose: “Ma io, con le mie due note, annuncio la primavera. E poi dimmi, hai forse mangiato qualche volta la PROCESSIONARIA?”
“Non parlarmi di quel bruco peloso che una volta ho sfiorato con il becco e mi è venuta l’orticaria!”
“Non sai che quei bruchi coperti da peli urticanti sono molto dannosi perché di notte divorano le foglie degli alberi su cui abitano? Io so dove scovarli, mi getto su di loro e ne faccio una scorpacciata.”
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“Ho capito, sei un uccello molto utile, hai un compito importante che solo tu sai fare. Gli alberi nella bella stagione non possono vivere senza foglie. Complimenti! Ti saluto.”
Py - iiiiu …. py - iiiiiu cantò lo STORNO.
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“Oh come sono felice, come sono fortunato, io non sono un CUCULO, sono un piccolo STORNO, libero di mangiare ciò che mi piace, canto allegro tutto il giorno e all’imbrunire io, con centinaia di altri STORNI, faccio voli spettacolari e siamo così in tanti che per qualche attimo si oscura il cielo.
Ma quando penso alla PROCESSIONARIA mi viene l’orticaria”.
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Era una notte di luna piena. Le CIVETTE si diedero appuntamento alla quercia grande. Una dopo l’altra planarono con volo silenzioso su un ramo del grande albero. Con i robusti artigli circondati da morbide piume afferrarono forte il sostegno. La più giovane volò più in alto: forse si illudeva di avvicinarsi di più alla luna perché la sua luce l’affascinava.
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Le CIVETTE muovevano lentamente la loro testa piatta per guardare da ogni parte. Le larghe palpebre si aprivano mostrando i grandi occhi gialli orlati di nero.
Le CIVETTE si stringevano per non sentire il freddo della notte e così al bel calduccio delle loro piume cantavano alla luna un kiuuuu ben modulato, ma un po’ malinconico.
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Che incanto quella notte di luna! I rami della quercia, illuminati dai suoi raggi, brillavano come l’argento.
All’improvviso, con volo agile e molleggiato, si avvicinò un BARBAGIANNI: aveva la faccia a forma di cuore.
L’ALLOCCO, uccello imponente e molto bello, coperto da un piumaggio colorato da mille gradazioni del rosso-bruno, grigio e qualche striatura bianca, aveva raggiunto una posizione strategica su un ramo dell’albero.
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Questi rapaci notturni, mentre gonfiavano le piume, si dicevano l’un l’altro: “Quanto siamo bravi nella caccia! Noi siamo molto più abili del gatto che a malapena cattura un topolino al giorno. È un animale troppo viziato. Noi ci gettiamo in picchiata per afferrare arvicole, topi, rane, coleotteri e anche uccelli che nella notte sono semiaddormentati.”
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Il BARBAGIANNI si accorse delle piccole CIVETTE ferme ferme e con gli occhi quasi chiusi dalle palpebre.
“Ehi, voi, che fate? Nulla, si vede!” Le CIVETTE sbarrarono gli occhi gialli un po’ indispettite e la maggiore a voce alta disse: “Noi siamo andate a caccia al tramonto: quella è l’ora più propizia per catturare ciò che piace a noi. E ora ci riposiamo.”
La più giovane sussurrò: “Ma non vedete quanto è bella la luna?”
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L’ALLOCCO disse al BARBAGIANNI: “Lasciale stare quelle lì. Loro sanno solo civettare”.
Il BARBAGIANNI sentì col suo udito acuto uno stropiccìo, subito capì da dove veniva, si buttò a testa bassa tra l’erba secca, afferrò con i suoi artigli un topolino e in un attimo lo divorò: aveva sempre fame. Un hummmmm for te, lunghissimo, sovrastò ogni rumore: era l’urlo del GUFO REALE, e subito fu silenzio.

Risorse scaricabili

  • Memomuseolo - Gioco di memoria[ Download ]
  • Raccolta di fiabe - Storie di animali nel Parco Adda Sud[ Download ]
  • Educazione ambientale - Alla scoperta del Parco[ Download ]
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  • Dove siamo: Viale Dalmazia, 10, 26900 Lodi (LO)

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